ideazione, regia, scene Dimitris Kourtakis
drammaturgia Dimitris Kourtakis, Eleni Papazoglou, Anastasia Tzellou
video Jérémie Bernaert
musica Dimitris Kamarotos
designo luci Scott Bolman
collaborazione artistica Efi Birba
assistente alla regia Natasha Triantafylli
assistente al progetto Vassia Liri
ingegnere video Nikos Iliopoulos
assistente al designo luci Evina Vassilakopoulou
responsabile di produzione Dinos Nikolaou
costruzione scena Lazaridis Scenic Studio
costruzione in gesso del progetto Freddy Gizas

interpretazione Aris Servetalis

durata 1 ora e 10 minuti
prima nazionale
spettacolo in greco con sovratitoli in italiano

Lo spettacolo Failing to Levitate in My Studio è stato realizzato con il contributo del Ministero della Cultura e dello Sport della Grecia

coprodotto da

           

Si consiglia al pubblico di arrivare mezz’ora prima dell’inizio della rappresentazione

Una straordinaria performance che ha destato sensazione al suo debutto al Festival di Atene e Epidauro.
Ispirandosi ai testi di Samuel Beckett che esplorano l’incapacità dell’uomo di definire un Sé, il regista Dimitris Kourtakis ha creato una performance multimediale, in collaborazione con un team di artisti acclamati internazionalmente. Eccezionale l’interpretazione di Aris Servetalis, considerato uno degli attori greci più talentuosi, che lavora in cinema e in teatro diretto da maestri quali Dimitris Papaioannou e Yorgos Lanthimos.

Chiuso nel suo studio e distaccato dal mondo, un performer usa il suo corpo come materia e come campo sperimentale, fino alla dissoluzione irreversibile del Sé e fino all’esaurimento delle parole, in uno spazio che tenta costantemente e invano di abitare un non-posto.
Lo spazio scenico: una struttura a due piani chiusa, dentro cui il performer filma sé stesso e lo spazio come un altro Krapp. Lo spazio interno e il sé sono restituiti, in un processo di riflesso inesauribile, come immagini che vengono filmate e proiettate in tempo reale sulle superfici esterne della struttura. La proiezione rende sia lo spazio che il sé stesso intangibili, spettrali.

La proliferazione di queste immagini rende teatralmente presenti gli elementi fondamentali dell’universo Beckettiano: persona, spazio/corpo e tempo. Fino a quando vengono negati.
Osservando le azioni del personaggio attraverso le aperture e le proiezioni sui muri, gli spettatori sono invitati a prendere parte a una visione clandestina e in fin dei conti illusoria. Diventa presto chiaro che performer e spettatori condividono la stessa condizione: chiusi in una seconda anticamera, una stanza di vana attesa, diventano soggetti di osservazione e oggetti scrutati dai propri spettri, e quindi da un’assenza.
Lo spettacolo si ispira a brani in prosa di Samuel Beckett e si collega alle opere di diversi artisti contemporanei come Bruce Nauman, Vito Acconci, Terry Fox, Absalon, Joseph Beuys, Gordon Matta-Clark, Rachel Whiteread e altri artisti che, a volte deliberatamente, a volte inconsciamente, si riferiscono all’universo beckettiano, esplorando attraverso il loro lavoro i limiti del sé, dello spazio e del linguaggio.

Dalla stampa:

«Era evidente sin dall’inizio che Kourtakis non avesse solamente intenzione di fare riferimenti a Beckett, come molti altri hanno fatto; quello che voleva trasmettere era una sua condizione personale, altamente specifica ed isolata, per un pubblico coinvolto che funga da testimone.
Molti di quelli che hanno visto la produzione di Kourtakis ne parleranno a lungo e le loro descrizioni la manterranno in vita all’infinito. Ma io voglio spingermi oltre. Perché con un’impresa come questa, Kourtakis e Servetalis, Kafka e Beckett, in fin dei conti costituiscono solo il punto di partenza, niente di più.
Il loro levitare indica una linea di pensiero più intima e profonda riguardante l’uomo e sul suo destino. Ecco perché la performance di Kourtakis illumina con la sua oscurità e parla da dentro il suo silenzio.
Osservate il grande Mistero: quando Beckett pronunciò il suo famoso “Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”, sappiamo che indicava la condizione dell’ironia umana, qualcosa come “Se provi di nuovo, fallirai di nuovo”…
E tuttavia, che cosa impariamo noi? Il suo coraggio. La cosa importante non è che abbiamo fallito. La cosa importante è che proveremo di nuovo. Al di là dell’incapacità di levitare, ricordiamo il volo».

Gregory Ioannides, Efimerida ton Syntakton, 24/07/17

«Con una sensibilità impareggiabile, tra passi esitanti e pericolose levitazioni, Aris Servetalis, rinchiuso in una fatiscente costruzione a due piani, con una crepa enorme che percorre verticalmente il centro della struttura, pronuncia un discorso aforistico, un monologo interiore, costellato di frammenti dalla prosa beckettiana.
Seduto su entrambi i lati della struttura, il pubblico osserva l’immagine dell’interprete – filmata dal vivo dal video artist, Jérémie Bernaert, oppure dall’interprete stesso, immortalando sé stesso sul nastro come un altro Krapp – proiettata sulle pareti.
[…] La sensazionale produzione di Dimitris Kourtakis affonda le sue radici nell’universo beckettiano».

Eleni Petasi, clickatlife.gr, 01/08/17

«La performance di Dimitris Kourtakis, Failing to Levitate in My Studio, è un’indagine scrupolosamente dettagliata che si svolge sulla scena, un trattato sulla fluidità e molteplicità dell’Io, la difficoltà di definirlo a parole in un universo beckettiano che ci esorta così: “Devi andare avanti. Non posso andare avanti. Andrò avanti”».

Lydia Trigoni, artic.gr, 19/07/17

Dimitris Kourtakis, biografia

Dimitris Kourtakis

Nato ad Atene nel 1972. Dopo aver studiato musica presso l’Ecole Normale de Musique di Parigi, diventa regista teatrale, mettendo in scena Roland Schimmelpfennig’s Arabian Night per Notos Theatre e Kafeneion (una sintesi di testi antichi) per il Festival di Atene.
Studia sotto la guida di Krystian Lupa (Losanna, Strasburgo) e collabora con Dimiter Gotscheff, dirigendo il coro in Persians (Festival di Epidauro), e con Roula Pateraki. Scrive anche musica per alcune produzioni di danza e teatro e collabora, tra le altre cose, con il Teatro di Danza del Teatro Nazionale della Grecia del Nord, con il Heidelberg Theatre, con l’International Theatre Institute (ITI) e il Volksbühne a Berlino.
I suoi lavori sono stati messi in scena in festival internazionali, tra cui la Biennale di Danza a Lione, in Francia, in Brasile, a Singapore, in Germania, in Italia, in Portogallo e in Israele.
Vive e lavora spostandosi tra Parigi e Atene.

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